martedì 22 novembre 2016

TRAPIANTO DI PENE: SOGNO O REALTÀ?

Il trapianto di pene risulta attualmente una nuova opzione terapeutica nella ricostruzione peniena. Tuttavia, le conoscenze scientifiche riguardo a tale tecnica sono ancora estremamente incomplete, essendo stati eseguiti solo tre interventi in tutto il mondo.

Il primo trapianto fu eseguito in Cina nel 2006. Tuttavia, come riportato dagli stessi chirurghi sulla prestigiosa rivista scientifica European Urology, il pene fu amputato per un rigetto psicologico dopo circa 2 settimane, rendendo del tutto inutile la complessa procedura.



L’idea del trapianto di pene, dopo il primo fallimentare esperimento, è stata a lungo abbandonata, fino al suo preponderante ritorno nelle recenti cronache con il secondo caso, eseguito in Sud Africa. 

Qui, il paziente, dopo aver perso il pene a causa di una circoncisione rituale mal eseguita, ha ripreso una completa funzione urinaria e sessuale, come testimoniato dalla recente notizia della gravidanza della sua compagna. Questo intervento non è stato però privo di problematiche, poiché ci fu la necessità di eseguire altri due interventi per complicanze trombotiche ed emorragiche.






Ancora più recentemente, la stampa ha riportato il successo dell’equipe americana del Massachusetts General Hospital nel trapiantare il pene a un soggetto amputato a causa di un tumore alcuni anni prima. Anche tale procedura, come in Sud Africa, è stata caratterizzata da alcune complicanze perioperatorie di tipo emorragico.

Sebbene il trapianto di pene sia oggi una realtà e risulti tecnicamente eseguibile da equipe esperte in microchirurgia e chirurgia genitale, le conoscenze scientifiche che abbiamo in tale ambito sono estremamente superficiali. Non sappiamo, per esempio, quali siano gli effetti a lungo termine della terapia immunosoppressiva sui tessuti erettili penieni, né siamo a conoscenza di quali siano i risultati funzionali, sia urinari che sessuali a lungo termine. Tutto ciò rende tale procedura al momento non sicura.

Esistono, invece, tecniche ricostruttive che utilizzano trasferimenti di tessuti del paziente da altre sedi (braccio, coscia o addome), vastamente supportati da svariati report scientifici che dimostrano la loro sicurezza e affidabilità anche a lungo termine. Pertanto, allo stato attuale delle cose, al di là di isolati reports con scarso valore scientifico, il trapianto di pene rimane in secondo piano, in attesa di studi scientifici di alto profilo che ne dimostrino l’efficacia e la sicurezza.
Infine, vi sono problemi di tipo etico che dovranno assolutamente essere affrontati prima di rendere il trapianto di pene una realtà percorribile quotidianamente a livello mondiale. Per esempio, il counseling dei donatori e delle loro famiglie risulta uno step di fondamentale importanza, soprattutto in quei Paesi, fra cui l’Italia, in cui il pene oltre alla funzione fisiologica, ha un importante significato culturale. Inoltre, per ciò che riguarda il ricevente, il problema aperto risulta la necessità di una terapia immunosoppressiva a vita per un organo di per sé non necessario alla sopravvivenza.

In conclusione, il trapianto è oggi una nuova e innovativa possibilità ricostruttiva per pazienti sottoposti ad amputazioni traumatiche o oncologiche del pene ma, nel pieno interesse dei pazienti, prima di essere confermata una tecnica efficace e sicura, è necessario il supporto di studi scientifici ben strutturati.


Fonte: Albersen M. Getting Ready for Penile Transplantation. Eur Urol. 2016 Oct 22.pii: S0302-2838(16)30728-X. doi:
10.1016/j.eururo.2016.10.025. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 27780645

Immagini tratte da: 
https://clinicalconnection.hopkinsmedicine.org/news/exploring-the-vanguard-of-transplantation-hand-face-and-urogenital
http://www.dailytech.com/After+Failure+in+2006+Scientists+Score+First+Successful+Penis+Transplant/article37251.htm

giovedì 3 novembre 2016

TRATTAMENTO DELLA MALATTIA DI PEYRONIE CON TERAPIA A ONDE D'URTO (ESWT): QUALI SONO LE EVIDENZE SCIENTIFICHE?

Il trattamento con onde d'urto extra corporee è impiegato quotidianamente nel trattamento di diverse patologie. In particolare, nel campo urologico, è utilizzato per la calcolosi reno-uretrale. Tuttavia, l'impiego di tale macchinario (ESWT) nel trattamento della malattia di La Peyronie appare tuttora controverso, poiché i numerosi studi effettuati hanno portato a conclusioni diverse e, spesso, non condivise.

Pertanto, questo argomento, è stato recentemente affrontato in una revisione metanalitica della letteratura scientifica, dove i risultati di 6 studi significativi sono stati analizzati, ottenendo un campione di oltre 400 pazienti. L’analisi statistica ha chiaramente evidenziato come l’impiego del ESWT abbia un reale beneficio sulla riduzione delle dimensioni della placca fibrosa e sulla riduzione del dolore penino

Tuttavia, per ciò che riguarda l’incurvameno del pene e delle problematiche di disfunzione erettile, non appare giocare un ruolo determinante. Lo studio ha inoltre confermato la sicurezza della metodica su cui gravano infrequenti complicanze.

In conclusione, per quello che sono a oggi le nostre conoscenze scientifiche, l’impiego del ESWT nel trattamento della malattia di La Peyronie ha un ruolo significativo esclusivamente nella fase acuta della malattia, dove l’obiettivo è quello di ridurre sia il volume della placca fibrotica che il dolore penino

Nuovi studi internazionali, multicentrici, con un ampio numero campionario sono tuttavia necessari per giungere a conclusioni definitive.


Fonte: Gao L, Qian S, Tang Z, Li J, Yuan J. A meta-analysis of extracorporeal shockwave therapy for Peyronie's disease. Int J Impot Res. 2016 Sep;28(5):161-6. doi: 10.1038/ijir.2016.24. Review. PubMed PMID: 27250868.



Per approfondimenti:   
http://www.urologyhealth.org/urologic-conditions/peyronies-disease/symptoms
https://www.linkedin.com/pulse/shockwave-eswt-ed-peyronies-cpps-jonathan-campbell

giovedì 1 settembre 2016

L’ABUSO DI MEDICINALI PER IL DEFICIT ERETTILE NEL MONDO DEL PORNO: REALTÀ O FINZIONE?


Ai giorni nostri, forse anche viziati dal bombardamento di immagini sempre più esplicite, molti tendono a vedere gli attori pornografici come mezze divinità, direttamente discendenti dal dio greco Eros e dotati di capacità sessuali a dir poco strabilianti.
Tuttavia, la realtà dei fatti è ben diversa!

Prendiamo spunto per questa riflessione direttamente dalla nostra attività clinica, dove spesso capita di imbatterci in alcuni professionisti dei film per adulti che ci raccontano la loro versione. 

Ovviamente per loro il sesso è una professione, un lavoro come un altro che, per quanto all’apparenza “intrigante” e “invidiabile” (sotto certi aspetti), richiede comunque molta fatica e impegno e perde (almeno in parte) il suo lato puramente leggero o passionale.


Come in qualsiasi altra industria, anche in questo settore bisogna produrre, e molto! Gli attori, come quelli di qualunque altro genere cinematografico, sono impegnati a girare scene su scene, talvolta anche la stessa per un numero interminabile di volte… perché non sempre è “buona la prima”. Solo che, in questo particolare genere di film, oltre alle capacità recitative è richiesta, anzi imprescindibile, una “forzatura” delle proprie erezioni o delle normali tempistiche del periodo refrattario.

Pertanto, anche le persone più dotate sessualmente, in questi 
particolari contesti, possono riscontrare delle problematiche di tipo erettile o funzionale.


Per arrivare al dunque della nostra riflessione, il problema più serio che si riscontra in tale ambiente (dal punto di vista clinico) è la totale mancanza di controllo medico: certo, gli attori sono obbligati a sottoporsi periodicamente agli esami per verificare il proprio stato di salute specificatamente per le malattie sessualmente trasmissibili, ma per quanto riguarda proprio le problematiche legate a ciò che possiamo definire “i ferri del mestieri”, sono assolutamente lasciati in balia di se stessi.

Perché questi attori, per quanto dotati, atletici e abituati a un’attività sessuale superiore alla media, sono pur sempre uomini, maschi con le stesse identiche funzionalità organiche dei “comuni mortali”. 
E, come tutti i comuni mortali, per sostenere i “ritmi” richiesti nel loro specifico ambito lavorativo ricorrono spesso all’utilizzo di farmaci per potersi garantire prestazioni sempre all’altezza della situazione.



Il problema è che l’utilizzo di questi aiuti chimici avviene in maniera del tutto casuale e, talvolta, indiscriminata… col conseguente rischio di provocare serie complicazioni.
Sempre più spesso, infatti, ci troviamo come andrologi ad affrontare patologie derivanti proprio dall’eccessiva e non controllata assunzione di questo tipo medicinali. 
E la più grave e pericolosa patologia è il Priapismo: un’erezione eccessivamente lunga, anche in assenza di stimolo sessuale, che può compromettere il necessario apporto di sangue ossigenato al tessuto erettile del pene, con il conseguente rischio di perdita (definitiva) dell'erezione.

Nostro dovere è, dunque, quello di sottolineare che non esistono i supereroi o uomini dalle capacità sessuali sovrannaturali!




Professionisti dell’hard, playboy incalliti, semplici amatori che desiderano avere un rapporto più che soddisfacente, ricordatevi sempre che tutti i farmaci per il deficit erettile sono sicuri solo SE prescritti da un andrologo e SE assunti con una corretta indicazione e dosaggio!