Oggi affrontiamo un tema molto delicato che ci auguriamo possa incontrare il vostro interesse e avviare un proficuo dibattito o un piacevole confronto.
Innanzitutto, vi confermiamo che no, non abbiamo dimenticato di mettere il punto interrogativo al titolo del post.
Il nostro, infatti, non è un interrogativo, ma il risultato di uno studio che ha visto coinvolto qualche tempo fa il nostro gruppo insieme ad altri colleghi del centro CIDIGeM di Torino e che intendiamo condividere qui con voi nella speranza di ricevere anche le testimonianze (sotto il profilo umano e non scientifico) di chi si è sottoposto a un’operazione di ri-assegnazione di sesso da uomo a donna.
Ovviamente la nostra volontà è quella di divulgare il più possibile e in maniera chiara, attraverso questo blog, tutto quanto ci sia di inerente alla sfera sessuale maschile, senza inutili giri di parole o tecnicismi di difficile comprensione per i non addetti ai lavori… tanto più, quando si tratta, come in questo caso, di un argomento così delicato e ancora troppo poco discusso serenamente.
Nel nostro caso, in particolare, affrontiamo un aspetto relativo alla disforia di genere, quello dell'eziopatogenesi (ossia l’analisi del processo di insorgenza, dello sviluppo e delle cause di una patologia), che ancora oggi risulta davvero poco chiara, nonostante vi siano teorie biologiche ampiamente accettate.
Molti studi, infatti, hanno dimostrato l'esistenza di alcune aree cerebrali relative proprio al “genere”. Effettivamente, le varie aree che appartengono al sistema limbico sono caratterizzate da un dimorfismo sessuale sia in strutture macroscopiche che microscopiche. Come sappiamo, infatti, gli uomini e le donne sono diversi in molte cose… anche nel trattare gli stimoli conoscitivi ed emotivi.
La neurofisiologia può arrivare a stimare le funzioni conoscitive basandosi su analisi potenziali (ERP) di causa-effetto, in particolar modo applicandole su un componente chiamato P300. L'onda di P300 è una deviazione positiva e centro-parietale nell’ERP umano, cosa che avviene approssimativamente in 300 millisecondi dopo aver avuto gli stimoli. Più semplicemente, questa “deviazione” è nota come "onda conoscitiva".
Sono invece pochi gli scienziati e i medici che hanno studiato, attraverso la neurofisiologia, cosa avviene a livello cerebrale nei gender, specificatamente in coloro che si sono sottoposti a un cambio di sesso da maschio a femmina.
Con la nostra équipe abbiamo quindi voluto approfondire questo aspetto.
Così, per questo studio, abbiamo coinvolto quindici volontari transessuali MToF (da maschio a femmina) con una media età di 35 anni e venti eterosessuali (10 maschi e 10 femmine) per una prova di ERP emotiva. Gli ERP conoscitivo-emotivi sono stati eseguiti mentre i soggetti stavano guardando diapositive estratte dal Sistema di Ritratto Affettivo (IAPS) e Internazionale, ossia 60 ritratti, divisi in due serie con valenze positive/neutrali e negative/neutrali mostrate casualmente ai soggetti.
L'area sotto il P300, la sua ampiezza e latenza sono state comparate con i gruppi di controllo eterosessuale e con coloro che si erano sottoposti chirurgicamente al ri-assegnamento di sesso (SRS). Il componente di P300 nelle donne è stato caratterizzato da una più grande latenza, ampiezza e area, comparata a quella del maschio nei ritratti sia piacevoli che sgradevoli. Tutti i parametri di P300 nei transessuali MToF sono aumentati in risposta agli stimoli positivi o negativi. Perciò, la nostra analisi di ERP ha dimostrato che vi era una maggiore ampiezza del P300 nei transessuali MToF in risposta agli stimoli positivi e negativi.
Pertanto, abbiamo potuto constatare una sensibilità più alta agli stimoli piacevoli e sgradevoli nei transessuali MToF, presumendo quindi una tendenza ad assumere caratteristiche cerebrali tipicamente femminili dopo l’operazione chirurgia di ri-assegnamento di sesso.
In conclusione, secondo i nostri risultati, si può presumere che i transessuali MtoF che si sono sottoposti a un’operazione di questo tipo, nella quale si assegnano e ricostruiscono le caratteristiche genitali femminili, tendano ad assumere anche caratteristiche cerebrali femminili.
Nella nostra opinione, questi risultati sottolineano pertanto gli effetti benefici dell’intervento che permette alle persone di reagire alla conversione di chirurgia genitale con una femminilizzazione cerebrale. Questi due effetti tendono a risolvere il conflitto tipico di questa situazione: la discrepanza tra caratteristiche cerebrali e fisiche.
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